Ore 00:35.
" Ho addosso uno stato di ansia altissimo"
" Che ti pervade. "
" Totalmente."
" Da dove viene?"
" Dalla gente che esiste."
" Devi ignorarla. Deve importarti solo delle persone che ti amano."
" Non ci riesco."
" Non ho detto che sia facile. "
Ventiquattro ore prima." Da quando ti conosco, hai fatto moltissimi passi avanti."
" Indietro, vorrai dire."
" No, avanti."
" E come fai a dirlo?"
" Per un anno hai portato un solo fottutissimo maglione."
La chiamavano ansia, quella specie di sensazione che le prendeva all'unisono e senza via di scampo. Lasciava loro solo il tempo di repsirare, per un brevissimo istante, e poi ricominciava a martellarle. Avevano deciso che avrebbero imparato ad ignorarla, guardando da un'altra parte o unendo le loro forze in un unico grande momento. La parte peggiore era quando dovevano tornare alle loro vite, ricucire insieme i ricordi di quegli strani avvenimenti, e poi ricominciare. Erano sicure che nessuno le avrebbe mai capite, e che con nessuno sarebbe riuscite a riprodurre quegli stessi movimenti che insieme celavano un imperscrutabile segreto, la perfezione del possedersi. La chiamavano sentimento, ma spesso si riproduceva solo in attimi di realtà senza ragione.
(Hai avuto persino il coraggio di dirmi che se te ne andrai dovrò essere felice per te, perché là non soffrirai più.)